Maurus M. MALIKITA: Negli ultimi anni la pittura di Maurus M. Malikita, un artista che conta una serie numerosa di imitatori in quel di dar Es Salam, si è caratterizzata per alcuni temi centrali: il mercato di Kariakoo, con la sua folla multiforme e multicolorata; il Muhimbili Hospital, con le sue gustose scenette di ammalati sottoposti alle torture del dentista o alle attenzioni di una videocamera; le spiagge brulicanti di vacanzieri del week-end ed il mare spumeggiante di infinite teste ed occhi di bagnanti improvvisati. Tutti i temi di Malikita hanno un forte sostrato sociale: la daily life dei tanzaniani vista con un occhio di totale simpatia. Come nella grande tradizione Tinga Tinga, lo spazio del dipinto è pieno fino all’inverosimile (George Lilanga in questo è un grande maestro). L’africano non soffre mai di solitudine; non ci si fotografa mai da soli, ma in compagnia degli amici, dei parenti, dei vicini di casa. L’europeo, che ha degli spazi limitati, sogna le grandi distese, l’oceano, il deserto, le steppe e le savane. L’africano, che possiede spazi infiniti, opta per la prossemica più rigorosa, sceglie la folla, il contatto fisico, il rumore. In una prospettiva giottesca a volo d’uccello, le storie popolari (nel vero senso del termine, che non ha niente di spregiativo, ma che riconduce il discorso alla sua origine primaria) di Malikita sono
un’espressione vitalistica incontrollabile, un inno alla vita do ogni giorno, che non è quella patinata delle riviste o dei programmi televisivi, ma quella dei problemi reali, della lotta all’AIDS ed alla malaria, ai consigli per l’uso dei preservativi (Salama Condoms). Gran parte dell’Est Africa è attraversata da una didattica moralista in funzione sociale: non fare questo perché ti succederà quest’altro; non comportarti in questo modo perché le conseguenze del tuo atteggiamento potrebbero portare a dei risultati nefandi per te e per la tua famiglia. Oltre a questo aspetto evidente, che balza subito agli occhi, c’è anche quello non secondario di un’ironia giocosa che lascia spazio a tutte le trasgressioni possibili. Il miscuglio di razze e religioni crea vita e cultura di vita, i dogmi sono messi subito alla porta da un sano animismo di fondo che contrasta duramente con la presenza forte delle religioni monoteiste. Come dice l’artista senegalese Amadou Makhtar Mbaye: “In Africa, sia che siamo cristiani o musulmani, alla mezzanotte ci troviamo tutti di fronte allo stregone”.
Malikita è un pittore veloce, un vero professionista che lavora dodici ore al giorno a dipingere le sue storie di periferia urbana, con una grazia leggera, su un fondo piatto e dai colori industriali, un cartoon affettuoso e
divertente che sdrammatizza in senso positivo i drammi di un continente che ha ancora molte cose da dire ad un mondo falsamente globalizzato.
L’Africa, dopo aver dato origine all’homo sapiens sapiens, sta aspettando di insegnare al mondo cosa l’homo sapiens sapiens diventerà realmente nel prossimo futuro. Come dice un noto proverbio kiswahili: “Harraka, harraka; haina baraka” (Corri, corri, che non vedrai mai la fine della tua corsa).,
Leonard LONAA: Lonaa e Malikita appartengono alla stessa area politico-culturale. Malikita è tanzaniano, Lonaa è keniano. È l’area di COMESA, una sorta di Comunità come quella europea, che comprende i seguenti paesi dell’Est Africa: Kenya, Tanzania, Uganda, Rwanda, Burundi. L’ “Horror vacui” è molto presente soprattutto nella pittura di Kenya e Tanzania: da una parte Lonaa, dall’altra Malikita e Lilanga. Lonaa è uno degli artisti più scapestrati e aggressivi: il suo interesse per la vita degli slums di Nairobi e per la follia della grande città, lo porta a sviscerare gli aspetti più grotteschi, più aggressivi e più spregiudicati di un ambiente in cui droga, prostituzione e povertà, business man e via di seguito si sovrappongono in una specie di sovraffollato girone infernale dantesco.
Non c’e moralismo: tutto avviene con noncuranza e spregiudicatezza, tutto ciò che accade è accettato con un rumore di fondo assordante e senza scampo. Tutto è così naturale che non si può nemmeno parlare di pornografia: come nei dipinti dei pittori tanzaniani Johnny Kilaka e Peter Martin, il sesso è un accidente normale della vita ed i grossi cazzi penetranti come Black e Dekker non spaventano nessuno, nemmeno le gentili signore che li accolgono noncuranti. L’africano non ama la solitudine, basta guardare le foto di personaggi che sono circondati da decine di altri personaggi che, a loro volta, vogliono entrare fisicamente nell’obbiettivo. L’Africa è un’esplosione incontrollata di vita e di gioia: tutto avviene in pubblico e non nelle chiuse case grigie del design abitativo occidentale. Tutta l’Africa è riversata nelle grandi città: gli africani non amano la solitudine e il vuoto, non sono molto interessati agli estesi tramonti sull’Oceano Indiano o alle bianche nuvole che circondano la testa del Monte Kenya o del Kilimajaro. Amano la musica ritmata, ripetitiva all’ossessione, al top dei decibel. Sono fortemente preoccupati del fatto che noi bianchi (wazungu) siamo sempre tristi, angosciati, fondamentalmente infelici. In Africa uomini e leoni devono correre continuamente per avere la speranza di non sentirsi prede.