SARA MELITI
Cercando di capire, lavorando di fantasia, dimenticare quel che si sa in modo che l'immaginazione possa vagabondare libera, correndo lontana dentro le cose fino a vedere come l'anima non è sempre un diamante ma alle volte velo di seta.
Immagina un velo di seta trasparente, qualunque cosa potrebbe stracciarlo, anche uno sguardo; spinto a tagliarlo per non far confondere la visione che, sbattendo le palpebre arrossando e bruciando le pupille, si offusca del suo fumo di tessuto. Immaginalo ora squarciato: ciò che adesso gli occhi possono guardare è la verità dell’immagine nitida.
Sara esprime con un battito di ciglia una visione che è l’arte di vedere ciò che è invisibile agli altri, Sara
Meliti dice: “guarda”. Esercita l’atto sovversivo dello sguardo.
Rendendo quell’invisibile finalmente visibile in un infinito attimo d’immagine. Col suo ineluttabile splendore. Agendo sul mistero, Sara Meliti nella sua arte dello sguardo ferma il segreto di questa Intima rivelazione. Le sue foto sono svelamenti. Il corpo del mistero.
Immagina di nuovo un velo di seta trasparente, che qualunque cosa potrebbe stracciare, anche una parola.
Ma non quella parola che non è che un codice; ma la parola che l’artista fa scaturire da una fotografia che diviene narrazione e parola definitiva – eppure
sempre a suggerirne ancora un’altra, quindi un’altra immagine e un’altra immaginazione, che nel corpo risiede, che di corpo è fatta. Perché niente
racconta più di un corpo. Il corpo è il romanzo. L’unico che valga la pena di scrivere. Il solo che valga la pena di leggere.